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L’Emissario del Lago di Nemi.

13 Gen

Copertina Opera Ipogea 2-3 2003

L’esistenza nel sottosuolo di antiche cavità artificiali ancora inesplorate ha ormai da decenni attirato l’attenzione di numerosi ricercatori che, utilizzando esperienze e tecniche mutuate dall’attività speleologica, hanno avviato tutta una serie di indagini volte a recuperare alla conoscenza questa parte ignorata della storia del rapporto tra l’Uomo e il suo territorio. Tale attività, a livello nazionale come internazionale, è andata acquistando una sempre maggiore consistenza e consapevolezza, tanto da indurre la Società Speleologica Italiana a creare una “Commissione Cavità Artificiali” ed ad editare una apposita rivista (Opera Ipogea) per raccogliere e divulgare le numerose acquisizioni che andavano accumulandosi nel tempo.

In tale contesto, sul finire degli anni ’90 del secolo ora trascorso si è spontaneamente formato a Roma un gruppo di ricercatori trovatisi a collaborare nella esplorazione e studio dell’antico acquedotto di Palestrina. Esaurito tale obiettivo, e consegnata alle stampe la relazione conclusiva, questi ricercatori hanno convenuto di continuare quella che appariva una fruttuosa collaborazione affrontando una problematica che da anni era al centro dell’attenzione nell’area laziale, quella dell’antico emissario del lago di Nemi. Emissario per molti versi ben noto, ma sul quale indagini compiute a cavallo di quegli anni ’90 avevano portato alla luce un insieme di acquisizioni che aprivano insospettate problematiche, con nuove evidenze esplorative che parevano sfuggire ad ogni tentativo di sia pur ipotetiche interpretazioni.

Si decise pertanto di portare a compimento una indagine a vasto raggio su tale emissario, sia raccogliendo e ordinando tutte le sparse informazioni riguardanti il manufatto, sia procedendo a nuove indagini nel condotto stesso. Il presente lavoro  fornisce una relazione per quanto possibile completa dei risultati di questa indagine. Dopo aver fornito un breve inquadramento storico topografico (capitolo1), nel capitolo 2 viene esaminata la letteratura esistente sull’argomento mentre nel capitolo 3 viene esaminata e discussa la collocazione dell’Emissario nel contesto del territorio. Nel capitolo 4 vengono riassunti, ordinati ed esposti in dettaglio i nuovi risultati emersi nel corso degli anni ’90, presentando una descrizione e una documentazione fotografica alquanto dettagliate delle più rilevanti caratteristiche dell’intero condotto, al fine di colmare la carenza di informazioni al proposito tuttora esistente nella pur copiosa letteratura sull’emissario. Il capitolo 5 è dedicato alla esposizione di nuove risultanze, quali una nuova e più accurata serie di dati topografici, una indagine sperimentale sulla solidità delle rocce attraversate dallo scavo e una mappatura fotografica di una rilevante parte del condotto.

Nel conclusivo capitolo 6 si riferisce infine sulla indagine condotta in alcuni cunicoli laterali occlusi da sedimenti, indagine che ha condotto alla scoperta di un inatteso collegamento tra due di tali condotti. Inserendo tale evidenza in un riesame critico della topografia dell’intero emissario, si giunge a fornire una ragionata spiegazione di una rilevante parte del condotto, avanzando l’ipotesi che l’opera come giunta sino a noi possa anche essere il risultato di due successivi interventi, il secondo da collocarsi forse – come suggerito da una datazione al radiocarbonio – attorno all’inizio della nostra era, in possibile collegamento con i lavori per la supposta Villa di Cesare eretta sulla sponda occidentale del lago.

L’indiscutibile evidenza per una lunga e travagliata storia dei lavori per lo scavo del condotto risulta così per la prima volta inquadrabile in un possibile scenario operativo.

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