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Analogie fra gli insediamenti rupestri della Tuscia (Alto Lazio, Italia) e della Cappadocia (Turchia)

27 Mag

Piccionaie della Tuscia

La Cappadocia, si sa, rappresenta l’Eden per chi si occupa di speleologia in cavità artificiali. Intere città ricavate in un’unica rupe tufacea, chiese affrescate, cenobi scavati lungo le valli alle pendici di antichi vulcani, colombaie ed apiari rupestri, abitazioni ipogee. E ancora opere di drenaggio a protezione di terrazzamenti, cisterne, cunicoli. Un paesaggio di indiscutibile bellezza e fragilità (non a caso dichiarato patrimonio UNESCO) che presenta innumerevoli analogie con la Tuscia dove intorno al IX – X secolo dopo Cristo, più o meno nello stesso periodo della civiltà rupestre cappadoce, si sviluppò un analogo fenomeno di religiosità cristiana che ci ha lasciato in eredità eremi e monasteri scavati nel tufo ed ornati da pitture. Il parallelo Cappadocia-Tuscia non è nuovo: alcuni anni fa una equipe dell’Università della Tuscia condotta dalla Dottoressa Andaloro intraprese un lungo ed interessante progetto di studi sulle due realtà storiche ed artistiche, coronato da una mostra fotografica tenuta nel 2009.

Sepolture rupestri della “Valle Nascosta” di Karlik ©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

A nostra volta, dopo innumerevoli campagne speleologiche condotte in Cappadocia (vedi anche https://speleology.wordpress.com/2014/08/31/karlik-cappadocia-insediamento-rupestre/), ci è parso interessante rivisitare alcuni insediamenti del viterbese. La verifica ci ha consentito di rintracciarne altri, ancora sconosciuti, e di effettuare nuovi parallelismi tra le due realtà che, pur geograficamente distanti appaiono molto simili.La ricerca non è complessa. Basti considerare che le pareti delle vallate attorno a Vallerano e ad altri borghi della Tuscia sono letteralmente “crivellate” di strutture ipogee.

Dislocazione degli ipogei rivisitati

Il tufo in cui sono scavati gli insediamenti della Tuscia è però diverso da quello di Cappadocia. Compatto e piuttosto resistente il primo, di colore chiaro, friabile e poco resistente il secondo. Nel primo si conservano ancora strutture ipogee romane ed etrusche, ben più antiche del IX-X secolo, nel secondo difficilmente si sono conservate strutture preesistenti. La ricerca si è concentrata sugli insediamenti più noti: San Lorenzo, Grotta Sant’Angelo, San Leonardo e San Salvatore.

Il primo, San Lorenzo, è situato al confine con il comune di Vignanello. È costituito da numerosi ambienti raccolti in piccoli nuclei, disposti su più livelli su un ampio fronte. Si notano magazzini, ricoveri per animali, abitazioni, forni e cappelle. In una delle cavità si conservano labili tracce di affreschi.

Grotta S. Angelo si trova due Km a sud di Vallerano ed è attualmente irraggiungibile. Era costituita da un grande ambiente affiancato a piccoli ricoveri. Gli affreschi segnalati da Calosso (Calosso, 1907) non ci sono più, probabilmente asportati abusivamente (Raspi Serra, 1976).

Cavità ad ovest di Grotta S. Angelo©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Qualche centinaio di metri ad ovest di Grotta S. Angelo abbiamo però ritrovato una cavità in precario stato di conservazione, caratterizzata da una grande croce sulla parete di fondo, un piccolo ricovero e i resti di una colombaia. Il che ci fa presumere che l’insediamento fosse molto più esteso rispetto a quanto oggi ritenuto. Nelle immediate vicinanze, si trova ancora una fonte alimentata da un lungo cunicolo di captazione.

Rilievo topografico cavità ad ovest di Grotta S. Angelo©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Cunicolo di captazione della fonte di Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

San Leonardo è un insediamento monastico, forse benedettino, datato al XII – XIII secolo. Sorgeva su un promontorio tufaceo, nel quale fu scavato, è molto articolato e sviluppato su vari livelli raccordati da brevi tratti di scale. Varie campagne di scavo ne hanno messo in luce gli aspetti notevoli. Si trattava di un insediamento autosufficiente, dotato di cappelle, abitazioni, depositi. Nelle vicinanze del nucleo abitativo non abbiamo notato altre strutture ipogee.

San Leonardo a Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Della grotta di San Salvatore, dopo una serie di distacchi importanti della parete rocciosa avvenuti a fine ‘800 e purtroppo ripresi anche pochi anni fa, rimane solo un riparo sotto roccia affacciato sul Fosso di Puliano. Sono ancora visibili (ma per quanto?) resti di affreschi del IX – X secolo che, anche se molto degradati ed evidentemente a rischio, appaiono di ottima fattura e veramente degni di interesse. La “grotta” è quanto rimane di cenobio benedettino che si sviluppava su almeno due livelli.

San Salvatore a Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

San Salvatore a Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Anche in questo caso non abbiamo notato ipogei nelle immediate vicinanze, ma potrebbero essere stati obliterati dai crolli della parete rocciosa. Per raggiungere la Grotta di San Salvatore, partendo da Vallerano, si attraversa il profondo vallone a nord dell’abitato sul cui fondo scorre il Rio Ferriera. Questo è delimitato da alte falesie tufacee traforate da strutture rupestri in gran parte abbandonate e spesso nascoste dalla vegetazione.

Il toponimo “ferriera” ricorda la presenza di antichi opifici lungo il corso del torrente: sono ancora visibili strutture ormai dirute in corrispondenza di due piccole cascate e alcuni resti di canalizzazioni. La maggior parte delle “grotte” sono note localmente con nomi che ne richiamano la forma o la funzione: i “quadratini” sono le file di nicchie sulle pareti delle colombaie, le “finestre” grandi aperture che si affacciano sulla vallata.

Gli ipogei iniziano già dall’abitato di Vallerano e molte di questi sono tutt’ora in uso come magazzino, cantine e depositi. Man mano che ci si allontana dal borgo, lungo il versante sud del vallone, gli ipogei appaiono progressivamente più trascurati, fino a che una serie di crolli della falesia ne interrompono la continuità. Abbiamo visitato e rilevato una dozzina di strutture, ma molte sono state tralasciate perché scarsamente rilevanti o irraggiungibili senza un adeguato intervento di ridimensionamento della vegetazione spontanea. Su questo lato della valle non sono presenti terrazzamenti agricoli e tutte le cavità sembrano destinate alla conservazione di beni. Spesso appare anche evidente una continuità d’uso fino a tempi molto recenti, cosa che rende estremamente difficoltosa la datazione.

Una delle cavità più grandi presenta, oltre ad alcune strutture murarie di protezione verso l’esterno, un’ampia cisterna sottostante alimentata da cunicoli. La conserva d’acqua è raggiungibile anche dall’interno dell’ipogeo tramite un pozzetto. Difficile ipotizzare la destinazione d’uso della struttura: probabilmente si tratta di un ricovero per animali ma non si può escludere un utilizzo antropico o perfino cultuale.

La cisterna Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

La serie delle cavità termina nella grande struttura nota localmente come “I finestroni”, ampie ed irraggiungibili aperture affacciate sulla vallata. Costituita da vari ipogei raccordati fra loro da un lungo corridoio, presenta un unico (e ben difendibile) ingresso dal lato E.

“I finestroni” Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

“I finestroni” Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

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Rilievo topografico “I finestroni” Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Sul lato nord del vallone, peraltro strutturalmente molto vicino al cenobio di San Salvatore prima descritto, si trovano altri ipogei tra cui una cisterna. Tutti sono chiaramente legati ai terrazzamenti agricoli. Su entrambi i versanti sono presenti colombaie (per i locali noti come “I quadratini”) in posizione decentrata rispetto ai nuclei abitativi e alle terrazze coltivabili.

“I quadratini” vicini al Cenobio di San Salvatore©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Rilievo topografico “I quadratini” vicini al Cenobio di San Salvatore©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Rilievo topografico “I quadratini” (versante opposto a precedente) Vallerano©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Allo stato delle ricognizioni, nella Tuscia non sono emerse opere idrauliche di drenaggio a difesa delle zone agricole, molto comuni invece in Cappadocia, mentre i raggruppamenti di chiese, magazzini, cisterne e piccionaie risultano comuni ad entrambi i siti. A titolo di esempio riportiamo lo schema di un piccolo insediamento da noi rilevato nel 2001 nella Valle dell’Arco Oscuro (Cappadocia), circa due km a NE di Uchisar. Anche qui, attorno ad alcuni terrazzi agricoli ormai abbandonati, sono raggruppate una cappella con tracce di pitture, un magazzino, un ricovero e, appena più decentrata, una piccionaia ricavata in un “camino delle fate”.

Cappadocia Valle dell’Arco Oscuro. Foto Archivio Egeria CRS

Cappadocia, insediamento Valle dell’Arco Oscuro©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

Cappadocia, insediamento Valle dell’Arco Oscuro

Copyright: contributo di Carlo Germani; testi, immagini ed elaborati grafici ©Egeria Centro Ricerche Sotterranee. La riproduzione di testi, immagini ed elaborati grafici è vietata in assenza di autorizzazione espressamente richiesta ed esplicitamente concessa.

Bibliografia di riferimento

Andaloro M., a cura di, 2009, Terra di roccia e pittura. La Cappadocia e il Lazio rupestre. Gangemi Ed., Roma.

Calosso Bertini A., 1907, Gli affreschi della Grotta del Salvatore presso Vallerano. In Arch. Società Romana di Storia Patria, XXX, 1907, pp. 184-241.

Falconi L., Spizzichino D., Margottini C., Delmonaco G., Corradini A., 2005, La stabilità geologica della parete rocciosa contenente l’insediamento rupestre e gli affreschi romanici del S.S. Salvatore (Vallerano-VT). ENEA, in rete, http://www.afs.enea.it/protprev/www/index.htm (marzo 2016).

Felici A., Cappa G., 1992, Santuari rupestri in provincia di Viterbo. Informazioni, semestrale del ccbc della Provincia di Viterbo, Nuova serie – Anno I, n. 7, Luglio – Dicembre 1992, pp. 120-127.

Raspi Serra J., 1976, Insediamenti rupestri religiosi nella Tuscia. In Mélanges de l’Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes, tome 88, n°1, 1976, pp. 27-156.

Zucconi L. et alii, 2012, Biodeterioration agents dwelling in or on the wall paintings of the Holy Saviour’s cave (Vallerano, Italy). International Biodeterioration & Biodegradation, Volume 70, May 2012, Pages 40-46.

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Cisterna vicina al Cenobio di San Salvatore©EgeriaCRS riproduzione ed uso vietati

 

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